Diabete
Il diabete mellito è una malattia cronica del metabolismo caratterizzata da un’alterazione dell’utilizzo dei carboidrati, che si traduce in un aumento dei livelli di zucchero (glucosio) nel sangue. Tale alterazione, definita iperglicemia, è dovuta alla carenza totale o relativa di insulina, un ormone prodotto dalle cellule beta del pancreas e indispensabile per la vita, in quanto permette al glucosio di entrare nelle cellule dell’organismo ed essere utilizzato come principale fonte energetica; a tale carenza può associarsi o meno una condizione di resistenza dell’organismo all’azione dell’insulina stessa.
L’attuale classificazione dell’American Diabetes Association comprende quattro tipi di diabete:
- Diabete di tipo 1, dovuto alla distruzione delle cellule beta del pancreas, generalmente su base autoimmune, con conseguente carenza assoluta di insulina;
- Diabete di tipo 2, dovuto a un difetto parziale della produzione di insulina, preceduto da una condizione di resistenza all’azione dell’insulina stessa: ovvero, l’insulina è presente, ma l’organismo non riesce ad utilizzarla adeguatamente;
- Diabete gestazionale, diagnosticato per la prima volta durante la gravidanza e che in genere regredisce dopo il parto, causato da alterazioni analoghe a quelle del diabete di tipo 2;
-
Altri tipi specifici di diabete dovuti a varie cause, tra cui:
- difetti genetici della funzione della beta cellula del pancreas (es: MODY)
- malattie del pancreas (pancreatite, tumore, fibrosi cistica etc)
- farmaci (cortisonici, antipsicotici, farmaci per HIV, etc)
- malattie endocrinologiche (es: sindrome di Cushing).
Bibliografia
American Diabetes Association, Diagnosis and classification of diabetes mellitus. Diabetes Care 2014.
Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018, a cura dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID).
La prevalenza di diabete mellito a livello mondiale è in continuo aumento. In Italia alla fine degli anni ’80 dello scorso secolo la prevalenza del diabete era intorno al 2.5% della popolazione generale, mentre i dati relativi al 2012 riportano una prevalenza del diabete noto del 6.2%. Nel nostro Paese dovrebbero quindi esserci 3.750.000 persone affette da diabete, con valori superiori nelle regioni meridionali e nelle classi più svantaggiate, con basso reddito e basso livello di istruzione, dove i fattori di rischio, quali obesità e inattività fisica, sono più comuni. E’ stato evidenziato un aumento dei casi di diabete noto di circa il 70% in 18 anni, ma si tratta di un dato sottostimato, in quanto è stato calcolato che esiste un soggetto con diabete non diagnosticato ogni due casi di diabete noto. Questo rapporto permette di stimare che il totale dei soggetti italiani con diabete ammonti a circa 5.2 milioni, di cui 1.5 milioni non diagnosticati, con una prevalenza di diabete nel suo complesso (casi noti e casi non diagnosticati) che nel 2019 si attesterebbe ragionevolmente intorno all’8.5% della popolazione.
E’ elevata anche la prevalenza delle alterazioni glicemiche non ancora diagnostiche per diabete, talvolta indicate con il termine “pre-diabete”: nell’analisi dei dati registrati dalla Società Italiana di Medicina Generale (SIMG) nell’anno 2011, i soggetti con almeno una glicemia a digiuno compresa tra 100 e 125 mg/dl erano il 29.8% del campione.
Il diabete tipo 1 e tipo 2 rappresentano le forme di diabete di più comune riscontro: in Italia il diabete tipo 1 rappresenta all’incirca il 2-3% di tutti i casi di diabete noto e il diabete tipo 2 rappresenta oltre il 90% dei casi.
Bibliografia
Osservatorio ARNO Diabete. Il profilo assistenziale della popolazione con diabete. Rapporti 2014 e 2019.
Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018, a cura dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID)
I criteri principali per la diagnosi diabete mellito sono tre:
- glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl
- glicemia a 2 ore da OGTT con 75 gr di glucosio ≥ 200 mg/dl *
- emoglobina glicata (HbA1c) ≥ 48 mmol/mol che corrispondono a 6.5%
Un quarto criterio di diagnosi consiste nella presenza di sintomatologia caratteristica associata a rilievo di glicemia venosa occasionale, sia a digiuno che post-prandiale, ≥ 200 mg/dl.
Vi sono condizioni intermedie di glicemia alterata, superiore alla norma ma inferiore alla soglia per fare diagnosi di diabete:
- Alterata glicemia a digiuno, IFG (Impaired Fasting Glucose) se glicemia dopo 8-12 ore di digiuno compresa tra 100 e 125 mg/dl;
- Ridotta tolleranza glucidica, IGT (Impaired Glucose Tolerance) se glicemia sotto carico dopo 2 ore dall’OGTT è compresa tra 140 e 199 mg/dl;
- Emoglobina glicata (HbA1c) compresa tra 42 e 47 mmol/mol o 6-6.4%
Questi stati di disglicemia, talvolta indicati con il termine “pre-diabete”, sono meritevoli di attenzione e follow-up, in quanto identificano soggetti a rischio di sviluppare diabete franco e malattie cardiovascolari.
Quali sono i sintomi tipici del diabete?
Il diabete di tipo 2 può insorgere e progredire gradualmente in modo del tutto asintomatico, e il suo primo riscontro può essere casuale in corso di esami ematici di controllo; la diagnosi di diabete tipo 2, infatti, è preceduta mediamente da una fase di circa 7 anni nella quale la malattia è silente ma iniziano ad instaurarsi tutte le complicanze micro- e macrovascolari, e il rischio cardiovascolare è già comparabile a quello del diabete noto.
L’esordio del diabete di tipo 1 è generalmente brusco e accompagnato da sintomatologia più eclatante, anche se vi sono forme che insorgono tardivamente nell’adulto (LADA – Latent Autoimmune Diabetes in Adults) e si presentano con una sintomatologia più sfumata, tanto che all’inizio può essere erroneamente inquadrato come diabete di tipo 2.
I sintomi che possono far sospettare la presenza di diabete sono:
Poliuria, ovvero aumento della quantità di urina emessa:
Quando aumenta il glucosio nel sangue, in una prima fase viene filtrato a livello renale e successivamente riassorbito in circolo; quando però il glucosio nel sangue raggiunge livelli elevati (in genere > 180 mg/dl) supera la capacità di riassorbimento renale e inizia a comparire nelle urine (glicosuria). Per un meccanismo osmotico, il glucosio presente nelle urine trascina con sé acqua: aumenta quindi la quantità di acqua espulsa con le urine, e ciò si accompagna al bisogno di urinare di frequente.
Polidipsia, ovvero aumento della sete:
E’ un meccanismo compensatorio alla poliuria, per rimpiazzare l’acqua che si sta perdendo e contrastare la disidratazione.
Perdita di peso, nonostante l’aumento dell’appetito:
In situazioni di carenza assoluta o relativa di insulina, le cellule dell’organismo non sono in grado di utilizzare il glucosio nel sangue come fonte di energia e suppliscono utilizzando fonti energetiche alternative, come le proteine muscolari e i grassi di deposito, che vengono scomposti, portando a perdita di peso.
Altri segni e sintomi possibili:
- Debolezza e affaticamento;
- Disidratazione, ipotensione ortostatica (eccessiva riduzione della pressione arteriosa quando ci si alza in piedi);
- Disturbi della vista;
- Infezioni frequenti, in particolare a livello delle vie urinarie e mucose genitali (candida);
In casi estremi il diabete all’esordio può dar luogo ad alterazioni dello stato di coscienza fino al coma: nel diabete di tipo 1 dipende dalla formazione di corpi chetonici per aumentato metabolismo degli acidi grassi, con conseguente acidosi, mentre nel diabete di tipo 2 deriva da una grave disidratazione, con aumento dell’osmolarità plasmatica.
Bibliografia
Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018, a cura dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID)
Il diabete mellito è una malattia cronica ad alto rischio di complicanze, che possono dividersi in due categorie: microvascolari e macrovascolari, a seconda del calibro dei vasi del sangue coinvolti. L’insorgenza e la progressione delle complicanze microvascolari (oculari, renali e a carico delle terminazioni nervose) sono strettamente correlate al grado del controllo glicemico. Le complicanze macrovascolari (tra cui infarto miocardico, ictus cerebrale, arteriopatia obliterante degli arti inferiori) dipendono anche da altri fattori di rischio cardiovascolare oltre al diabete e possono presentarsi anche nelle persone con livelli di glicemia poco alterati rispetto alla norma. Le complicanze possono essere prevenute attraverso un accurato controllo della glicemia e la riduzione degli altri fattori di rischio che agiscono in sinergia con il diabete: ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, inattività fisica, obesità, fumo di sigaretta. Fondamentale è lo screening periodico delle complicanze, volto a identificarne gli stadi iniziali, quando ancora possono essere del tutto asintomatiche: è in questa fase che l’intervento terapeutico può essere maggiormente efficace. Generalmente lo screening è raccomandato dopo 5 anni dalla diagnosi di diabete tipo 1, mentre nel tipo 2 è iniziato fin da subito, in quanto la diagnosi di diabete può essere ritardata e preceduta da diversi anni di malattia non riconosciuta in cui le complicanze possono già iniziare ad instaurarsi.
Retinopatia diabetica
Le complicanze oculari possono essere presenti fin dal momento della diagnosi di diabete, in particolare nel tipo 2. Dopo aver iniziato la cura ipoglicemizzante possono insorgere disturbi transitori della vista che regrediscono con la progressiva normalizzazione della glicemia, dovuti alla precedente situazione di cattivo controllo e ai movimenti dei liquidi del cristallino. Esistono, però, altri tipi di lesione che non scompaiono e, anzi, tendono a progredire se non adeguatamente trattate, portando a grave riduzione della vista, fino alla cecità.
La complicanza oculare più importante è quella che colpisce la retina (retinopatia diabetica), che è la principale causa di cecità in età lavorativa nei paesi industrializzati. La lesione inizia colpendo i piccoli vasi sanguigni, che si infiammano e riducono il proprio calibro diminuendo il flusso di sangue, con conseguente ischemia; per meccanismo compensatorio all’ischemia i capillari in una prima fase si dilatano, con uscita di essudato nello spazio circostante (retinopatia non proliferante). Con l’avanzare della malattia, può formarsi edema maculare e proliferazione disordinata di nuovi vasi deboli (retinopatia proliferante), che possono rompersi e dare luogo a emorragie retiniche e formazione di tessuto fibroso cicatriziale, favorendo il distacco di retina.
I sintomi correlati alla retinopatia diabetica spesso compaiono tardivamente, quando le lesioni sono già avanzate, e questo spesso limita l’efficacia del trattamento; è pertanto fondamentale che la persona diabetica si sottoponga a periodici esami di screening anche in assenza di sintomi visivi, tramite retinografia o esame del fondo oculare ogni 12-24 mesi; lo specialista può riscontrare alterazioni che richiedono controlli più frequenti oppure indagini più approfondite, come l’OCT (Optical Coherence Tomography) e la fluorangiografia.
Solo mantenendo la glicemia entro i livelli raccomandati e la pressione arteriosa entro i limiti della norma è possibile prevenire o perlomeno ritardare la progressione della malattia oculare. Nelle forme più avanzate di interessamento oculare è fondamentale l’attenta valutazione oculistica per eventuali trattamenti medici specifici quali il laser o l’iniezione intraoculare di farmaci.
Il paziente si può accorgere se il diabete ha colpito la retina?
Nei primi stadi della retinopatia è frequente che non vi siano sintomi che facciano sorgere dei sospetti, ma è sempre necessario farsi visitare in caso di offuscamento della vista, punti ciechi, macchie, lampi di luce ecc.
Oltre alla retinopatia, il diabete può favorire altri disturbi oculari?
Sì, il diabete può coinvolgere altre strutture oculari, in particolare può favorire:
✔ la cataratta: disturbo caratterizzato dall’opacizzazione del cristallino, che nel soggetto diabetico può insorgere più precocemente.
✔ il glaucoma: si manifesta con un aumento della pressione intraoculare, che può danneggiare il nervo ottico e causare cecità.
Bibliografia
Linee-guida per lo screening, la diagnostica e il trattamento della retinopatia diabetica in Italia, revisione e aggiornamento 2015 della versione 2013 a cura della Società Italiana di Diabetologia.
Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018, a cura dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID).
Nefropatia diabetica
L’iperglicemia causa sofferenza renale, che può manifestarsi con comparsa di proteine nelle urine (albuminuria) e/o con riduzione della capacità di filtrazione del sangue da parte del rene. Si stima che circa un terzo dei soggetti con diabete sviluppi un qualche grado di nefropatia, che può nel corso degli anni progredire fino all’insufficienza renale terminale e alla dialisi.
Per ridurre il rischio di insorgenza di malattia renale o rallentarne la progressione è fondamentale:
✔ Mantenere un controllo glicemico ottimale.
✔ Raggiungere un adeguato controllo della pressione arteriosa, con obiettivi da concordare con il proprio medico.
✔ Contrastare anche gli altri fattori di rischio cardiovascolare: terapia dell’ipercolesterolemia, cessazione del fumo di sigaretta.
Per quanto riguarda la terapia farmacologica, in presenza di albuminuria positiva il medico potrà ricorrere ad una particolare classe di farmaci antipertensivi (ACE-inibitori o sartani), in grado di ridurre la progressione del danno renale; recenti evidenze mostrano inoltre che alcune classi di farmaci per il diabete esercitano un’importante azione protettiva sul rene (SGLT2-inibitori). In alcuni casi lo specialista nefrologo potrà consigliare anche uno specifico regime alimentare a basso contenuto proteico.
Per lo screening della nefropatia diabetica è raccomandato in tutti i soggetti diabetici dosare ogni 6-12 mesi la creatinina sierica (mediante prelievo ematico) e ricercare una volta all’anno la presenza di micro- o macroalbuminuria (mediante esame specifico delle urine).
NB: la presenza di albuminuria non sempre è segno di nefropatia diabetica; può ad esempio verificarsi in caso di infezione delle vie urinarie o ipertensione non controllata, e va sempre riconfermata in una seconda occasione.
Bibliografia
Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018, a cura dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID).
Neuropatia diabetica
Anche le terminazioni nervose possono essere colpite dall’iperglicemia, in particolare le terminazioni che veicolano la sensibilità degli arti inferiori. Questo può portare a riduzione della sensibilità tattile e dolorifica ai piedi, che caratteristicamente è bilaterale e simmetrica: in caso di alterazioni della sensibilità localizzate ad un solo arto, quindi, è verosimile che la causa non sia il diabete ma un’altra patologia, come ad esempio un’ernia discale a livello della colonna vertebrale. Il deficit di sensibilità agli arti inferiori pone il soggetto a rischio di ulcerazione dei piedi, che se non adeguatamente trattate possono portare all’amputazione. E’ pertanto fondamentale sottoporsi a periodici esami di screening della sensibilità, che il medico potrà effettuare in ambulatorio avvalendosi di semplici test (diapason o biotesiometro e monofilamento); se alterati, potranno essere richiesti ulteriori accertamenti strumentali.
La neuropatia periferica, quindi, può essere totalmente asintomatica, oppure presentarsi con sensazioni anomale o franco dolore neuropatico, bilaterali e localizzati a gambe e piedi, che spesso aumentano durante la notte:
✔ Intorpidimento, formicolii;
✔ Scosse elettriche;
✔ Bruciore, prurito;
✔ Punture di spillo;
✔ Dolore allo sfioramento;
✔ Sensazione di freddo doloroso.
La neuropatia diabetica può interessare sotto altre forme molti altri organi (neuropatia autonomica), in particolare:
✔ Sistema cardiovascolare: ischemia miocardica silente (ischemia del cuore non accompagnata dalla caratteristica sensazione di dolore al petto); ipotensione ortostatica (eccessiva riduzione della pressione arteriosa dopo essersi alzati in piedi), etc;
✔ Apparato gastrointestinale: ritardato svuotamento gastrico con difficoltà digestive, ipoglicemie post-prandiali immotivate, etc;
✔ Apparato urogenitale: ritenzione urinaria, incontinenza, etc
✔ Ghiandole sudoripare: sudorazione eccessiva o insufficiente.
Per prevenire la comparsa o ritardare la progressione della neuropatia diabetica è importante mantenere un controllo glicometabolico ottimale, in associazione al controllo degli altri fattori di rischio, quali ipertensione arteriosa, fumo di sigaretta, consumo di alcolici. In caso di neuropatia periferica accertata è poi fondamentale la cura del piede per la prevenzione delle lesioni. Ad oggi la neuropatia diabetica è una delle complicanze di più difficile gestione farmacologica: il controllo dei sintomi può richiedere anche la consulenza dei Centri specialistici per la terapia del dolore.
Bibliografia
American Diabetes Association. Microvascular complications and foot care. Sec. 10. In Standards of Medical Care in Diabetes 2017.
Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018, a cura dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID).
Patologie cardiovascolari
Il diabete è un importante fattore di rischio per le patologie cardiovascolari: nel soggetto diabetico il rischio di svilupparle è doppio rispetto alla popolazione non diabetica.
Le patologie cardiovascolari associate al diabete, in ordine di frequenza, sono:
- Cardiopatia ischemica (infarto del miocardio);
- Malattia cerebrovascolare (ictus cerebrale);
- Arteriopatia obliterante degli arti inferiori;
- Arteriopatia in altre sedi.
Oltre al diabete, vi sono molti altri fattori di rischio aggiuntivi che possono coesistere nello stesso paziente e che agiscono in sinergia con il diabete, aumentando in modo esponenziale il rischio globale di malattia vascolare, ovvero:
✔ ipertensione arteriosa;
✔ dislipidemia (livelli elevati di colesterolo “cattivo” LDL nel sangue, bassi livelli di colesterolo “buono” HDL);
✔ fumo di sigaretta;
✔ albuminuria (danno renale con presenza di proteine nelle urine);
✔ familiarità per malattia coronarica precoce (avere un familiare di primo grado con infarto cardiaco in giovane età).
Come agiscono questi fattori di rischio cardiovascolare?
Questi fattori provocano l’indurimento delle pareti dei vasi, con formazione di placche di grasso e coaguli di sangue che causano il restringimento del calibro dei vasi stessi (aterosclerosi); se un’arteria si restringe troppo o si ostruisce completamente, può mancare a certe aree del corpo il giusto apporto di ossigeno e sostanze nutritive. Se viene ostruita una coronaria che conduce il sangue al cuore può verificarsi un infarto miocardio acuto, che nel soggetto con diabete può essere silente (senza la tipica sintomatologia dolorosa) a causa della neuropatia concomitante. Se invece si ostruisce la carotide (da cui si diramano le arterie cerebrali, che portano sangue al cervello) si può avere un ictus ischemico. Se la riduzione di flusso di sangue colpisce invece le arterie delle gambe, si ha la cosiddetta arteriopatia obliterante periferica, che può manifestarsi con un dolore crampiforme a livello del polpaccio che insorge solitamente durante il cammino, costringendo a fermarsi, e regredisce con il riposo (condizione definita “claudicatio intermittens”).
Come si può ridurre il proprio rischio cardiovascolare?
Per ridurre la progressione dell’aterosclerosi è fondamentale raggiungere un buon controllo di tutti i fattori di rischio sopraelencati, con modifiche dello stile di vita (attività fisica regolare, attenzione alimentare, riduzione del sovrappeso corporeo) e opportuna terapia farmacologica.
Bisogna ricordare che il target glicemico va stabilito con il proprio medico e personalizzato in base all’età e alle malattie che coesistono nel singolo paziente; in presenza di terapia insulinica, obiettivo primario è la riduzione degli episodi di ipoglicemia, anche a spese di un controllo glicometabolico meno stringente: l'ipoglicemia, infatti, ha conseguenze negative sul sistema cardiovascolare, è un potente attivatore della risposta adrenergica e aumenta le aritmie cardiache, soprattutto nei pazienti più anziani e fragili.
Per quanto riguarda gli altri obiettivi terapeutici da raggiungere, è raccomandato mantenere una pressione arteriosa <140/90 mmHg, colesterolo LDL <100 mg/dl (<70 mg/dl se il soggetto ha già presentato un evento cardiovascolare in passato), trigliceridi <200 mg/dl, e abolire il fumo di sigaretta.
Da segnalare che alcuni farmaci antidiabetici (SGLT2 inibitori, GLP1 agonisti, ) hanno dimostrato un importante effetto di protezione cardiovascolare e sono pertanto da preferire nei pazienti che hanno già presentato eventi di questa natura.
E’ importante che la persona con diabete sia sottoposta a regolari esami di screening, per accertare periodicamente il suo stato di salute cardiovascolare, in particolare:
✔ Elettrocardiogramma (ECG) generalmente annuale per lo screening della cardiopatia ischemica, accompagnato da ecocolordoppler cardiaco se ritenuto opportuno dal medico; come esame di approfondimento lo specialista potrà richiedere un ECG o ecocardiografia sotto sforzo (con cicloergometro o farmacologico), ad esempio nel dubbio di ischemia silente, per accertare la pervietà coronarica anche in condizione di stress;
✔ ecocolordoppler carotideo per la malattia cerebrovascolare, almeno ogni 3 anni o più frequentemente in caso di ateromasia carotidea (presenza di placche nelle arterie del collo) già evidenziabile;
✔ valutazione dei polsi arteriosi a livello dei piedi con calcolo dell’indice di Winsor per l’arteriopatia obliterante periferica e, se patologico, ecocolordoppler arterioso degli arti inferiori.
Bibliografia
Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018, a cura dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID).
American Diabetes Association. Standards of medical care in diabetes. Diabetes Care 2017
Piede diabetico
Il piede diabetico presenta alterazioni anatomiche e funzionali dovute a:
✔ diminuzione dell’afflusso di sangue, come conseguenza dell’arteriopatia obliterante degli arti inferiori che causa ischemia, con ridotto apporto di sostanze nutritive e ossigeno, fino alla gangrena;
✔ danni alle terminazioni nervose (neuropatia sensitiva, motoria e autonomica), con conseguente diminuzione della sensibilità che rende difficile riconoscere eventuali fattori traumatici; anomalie posturali, deformità ossee con alterazioni del carico, callosità, cute secca che tende a screpolarsi.
Tutto ciò determina un rischio aumentato di sviluppo di una lesione al piede, con rallentato processo di guarigione e maggiore incidenza di infezioni. È molto importante sapere che, in presenza di neuropatia e/o arteriopatia, minime lesioni dovute a scarpe non adeguate possono provocare seri problemi che richiedono cure urgenti. Nel caso del piede diabetico, callosità o vesciche prodotte da una scarpa inadeguata o una minima ferita procuratasi camminando a piedi nudi, se sottovalutate, possono portare alla fine ad amputazione.
Per prevenire la comparsa di lesioni è fondamentale mantenere un’attenta cura del piede.
Di seguito alcune importanti raccomandazioni:
✔ Esaminare i piedi tutti i giorni, cercando possibili ferite, vesciche o zone arrossate. Controllare fra le dita, eventualmente utilizzando uno specchio per vedere meglio la pianta o chiedendo aiuto ad un familiare.
✔ Lavare i piedi quotidianamente con acqua tiepida e sapone neutro delicato, evitando i pediluvi. Asciugare con cura, prestando attenzione che tutta la pelle sia perfettamente asciutta, perché l’umidità può favorire la proliferazione di funghi e batteri.
✔ Idratare la pelle ogni giorno con una crema idratante (ad esempio crema ad alto contenuto di urea), massaggiando fino a completo assorbimento ed evitando di applicarla tra le dita perché potrebbe macerare la pelle.
✔ Mantenere le unghie corte e tagliate dritte; in caso di problemi alla vista, chiedere aiuto a un familiare o rivolgersi ad un podologo.
✔ Non usare mai limette affilate, forbicine appuntite o altri strumenti taglienti per rimuovere calli e ispessimenti della pelle, ma recarsi da un podologo specializzato. Per la cura quotidiana è possibile utilizzare limette di carta e pietra pomice con delicatezza.
✔ Rivolgersi al podologo se i calli si formano rapidamente, perché potrebbe esserci un problema di alterato appoggio, che si può risolvere con un plantare idoneo.
✔ In caso di unghie incarnite, che si manifestano con dolore e infiammazione, consultare il proprio medico.
Per la prevenzione delle lesioni al piede è fondamentale utilizzare scarpe adatte:
✔ Indossare scarpe in pelle morbida e a pianta larga, che permettano di muovere le dita dei piedi, senza cuciture interne.
✔ Utilizzare sempre calzini in cotone, eventualmente indossati a rovescio se presentano cuciture, da cambiare tutti i giorni.
✔ Controllare sempre le scarpe all’interno con la mano prima di indossarle, per accertarsi che non ci siano corpi estranei.
✔ Evitare scarpe tipo sandali: attraverso le aperture possono penetrare oggetti appuntiti, che possono causare lesioni.
✔ Il momento migliore per provare ed acquistare le scarpe nuove è il tardo pomeriggio o la sera, quando i piedi sono più gonfi; dopo l’acquisto, indossare le scarpe poco alla volta per abituare il piede.
✔ Per capire se la scarpa è idonea, a piedi nudi sopra un foglio di carta disegnare il contorno del proprio piede, ritagliarne la sagoma, e provare ad inserirla nella calzatura: se risulta difficoltoso significa che la misura o la forma della scarpa non è adatta.
Prevenire, infine, significa non correre rischi:
✔ Non camminare mai a piedi nudi, per il rischio di calpestare oggetti appuntiti che potrebbero provocare lesioni inavvertite; indossare calzature idonee anche in spiaggia, dove la sabbia potrebbe essere bollente e causare ustioni alla pianta dei piedi, ed applicare creme solari con fattore di protezione anti-UV elevato;
✔ Evitare di esporre i piedi a fonti di calore, ad esempio non posizionare i piedi davanti a stufa o caminetto, attenzione all’uso di borse dell’acqua calda: la scarsa capacità di riconoscere la temperatura può essere causa di ustioni inavvertite.
In caso di comparsa di qualunque minima lesione al piede è fondamentale consultare tempestivamente il proprio medico.
Bibliografia
Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018, a cura dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID).
International Diabetes Federation. Clinical Practice Recommendation on the Diabetic Foot: A guide for health care professionals: International Diabetes Federation, 2017.
Disfunzione erettile
La disfunzione erettile, a volte indicata con il termine “impotenza”, è la continua e ripetitiva incapacità a raggiungere e/o mantenere un’erezione sufficiente per avere un rapporto sessuale soddisfacente. E’ un disturbo molto diffuso nella popolazione maschile. Gli uomini che ne soffrono possono manifestare disordini dell’autostima e sperimentare ansia da prestazione, stati depressivi, sensi di colpa e conflitti relazionali, che possono aggravare ulteriormente il problema.
Anche se le cause psicologiche e le problematiche relazionali di coppia giocano un ruolo importante, all’origine dei disturbi dell’erezione possono esserci cause organiche sottostanti, che devono essere attentamente indagate, in quanto possono essere spia di un rischio cardiovascolare aumentato. Infatti, le arterie del pene possono andare incontro a danni aterosclerotici se esposte agli stessi fattori di rischio alla base dell’aterosclerosi coronarica, ovvero: diabete mellito (in particolare se scarsamente controllato e di lunga durata), fumo di sigaretta, ipertensione arteriosa e ipercolesterolemia, che sono in grado di compromettere la pervietà arteriosa e portare negli anni a disturbi ingravescenti dell’erezione. Il soggetto con disfunzione erettile deve essere considerato a più alto rischio di eventi cardiovascolari (come infarto miocardico e ictus ischemico), e deve effettuare indagini di approfondimento, incluso l’ecocolordoppler delle arterie peniene. E’ fondamentale quindi parlarne con il proprio medico e, se ritenuto opportuno, sottoporsi a visita specialistica andrologica.
La disfunzione erettile è trattabile nella maggior parte dei casi. Lo svolgimento di regolare attività fisica e l’eventuale calo ponderale, laddove indicato, possono migliorare significativamente la funzione sessuale, mentre il trattamento farmacologico prevede un’accurata valutazione medica.
Bibliografia
Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018, a cura dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID).Quali sono gli obiettivi del trattamento:
- Ottenere un controllo glicemico adeguato, secondo gli obiettivi concordati con il proprio medico.
- Evitare la comparsa dei sintomi tipici del diabete.
- Evitare lo sviluppo di possibili complicanze acute e croniche dovute al cattivo controllo del diabete, mantenendo così una migliore qualità della vita.
- Tenere sotto controllo gli altri fattori di rischio associati (ipertensione arteriosa, dislipidemia, etc).
La persona con diabete può fare molto per prevenire o rallentare la progressione delle complicanze legate al diabete, e garantirsi una qualità della vita del tutto analoga a quella delle persone non diabetiche.
Ecco come:
Mantenere uno stile di vita attivo e un’alimentazione sana, concordando con il proprio medico l’attività fisica regolare più adatta alle singole esigenze.
La riduzione del peso corporeo è raccomandata se vi è una condizione di sovrappeso (ad eccezione dei soggetti molto anziani) o obesità.
Mantenere un adeguato controllo glicemico
Come già evidenziato, un buon controllo glicemico si associa a una riduzione prolungata dell’incidenza delle complicanze di occhio, rene, terminazioni nervose e, in parte, delle complicanze cardiovascolari.
Sono due i principali strumenti che il medico ha a disposizione per valutare l’efficacia della terapia in atto e il controllo glicemico del paziente:
- Emoglobina glicata (HbA1c): riflette il valore della glicemia media degli ultimi 2-3 mesi. Generalmente questo esame viene richiesto ogni sei mesi, oppure con frequenza ravvicinata (trimestrale) in caso di inadeguato controllo metabolico o variazioni della terapia in atto.
- Automonitoraggio glicemico tramite stick capillari su una goccia di sangue ottenuta dal polpastrello delle mani (o, in casi particolari, tramite sistemi di monitoraggio in continuo della glicemia interstiziale che non prevedono la puntura del dito): l’autocontrollo è utile per adeguare terapia, dieta e attività fisica e per prevenire il rischio di ipoglicemia. La frequenza con cui effettuare l’autocontrollo viene stabilita in base alle diverse esigenze, agli obiettivi terapeutici, e alla terapia in atto. Se si è in trattamento con insulina viene di solito raccomandato un automonitoraggio più intensivo, con 3 o più misurazioni al giorno.
Obiettivi generalmente raccomandati per un adeguato controllo del diabete:
✔ Emoglobina glicata (HbA1c): il target va stabilito con il proprio medico in base all’età, alle malattie che coesistono nel singolo paziente, e al tipo di terapia in atto; in linea generale, in un soggetto in buone condizioni di salute è raccomandabile raggiungere valori di HbA1c < 48 mmol/mol (<6.5%), mentre in soggetti più anziani o con altre patologie concomitanti possono essere soddisfacenti valori più elevati di HbA1c. In presenza di terapia insulinica, obiettivo primario è la riduzione degli episodi di ipoglicemia, anche a spese di un controllo glicometabolico meno stringente.
✔ Glicemia a digiuno: ottimale se compresa tra 80-130 mg/dl.
✔ Glicemia 2 ore dopo l’inizio del pasto: inferiore a 160-180 mg/dl.
Gli obiettivi devono comunque essere individuali e personalizzati, vengono quindi stabiliti dal medico in base alle caratteristiche del singolo paziente.
Tenere sotto controllo la pressione arteriosa
Avere una pressione arteriosa in buon controllo aiuta a prevenire i danni a occhi, rene, cuore e ai vasi sanguigni. L’obiettivo del trattamento antipertensivo nelle persone con diabete è mantenere una pressione <140/90 mmHg. Obiettivi più stringenti (<130/80 mmHg) sono consigliati in soggetti giovani, con storia recente di ipertensione arteriosa, iniziale danno renale (microalbuminuria), o altri fattori di rischio. Il programma alimentare (in particolare riduzione dell’apporto di sale con la dieta) e l’attività fisica regolare di tipo aerobico aiutano a raggiungere il valore ottimale di pressione arteriosa; se insufficienti, è indicato iniziare un trattamento farmacologico.
Tenere sotto controllo i lipidi nel sangue (colesterolo e trigliceridi) Mantenere sotto controllo il colesterolo favorisce la circolazione del sangue e riduce significativamente il rischio di infarto miocardico e ictus cerebrale. Il colesterolo “cattivo” LDL è l’obiettivo principale della terapia. E’ possibile calcolarlo con una semplice formula (valori espressi in mg/dl): Colesterolo LDL = Colesterolo totale – colesterolo HDL – (trigliceridi : 5) L’obiettivo da raggiungere è più stringente nei pazienti a più alto rischio cardiovascolare. E’ stato osservato che ridurre ulteriormente il colesterolo LDL comporta un maggiore vantaggio in termini di prevenzione degli eventi, pertanto i target sono stati recentemente abbassati.
Obiettivi di colesterolo LDL raccomanda: Nei soggetti diabetici che non hanno avuto infarto, ictus, o altra evidenza di malattia vascolare, e senza altri fattori di rischio oltre al diabete à LDL < 100 mg/dl (linee guida ESC del 2019: LDL < 70 mg/dl)
Nei soggetti diabetici con malattia cardiovascolare nota (ad es. pregresso infarto) e/o con multipli fattori di rischio cardiovascolare o insufficienza renale grave à LDL < 70 mg/dl (linee guida ESC del 2019: LDL < 55 mg/dl).
Ulteriore obiettivo è il raggiungimento di livelli di trigliceridi < 150 mg/dl. Da segnalare infine che livelli di colesterolo “buono” HDL > 40 mg/dl nell’uomo e > 50 mg/dl nella donna sono associati ad una migliore salute vascolare.
E’ possibile controllare il colesterolo senza terapia farmacologica?
Il programma alimentare e l’attività fisica aiutano a raggiungere il valore ideale del colesterolo nel sangue. In particolare, in caso di profilo lipidico non ottimale si consiglia di ridurre significativamente l’apporto con la dieta di fritto, insaccati, carni rosse, uova, frattaglie; sostituire il burro con l’olio di oliva (usarne poco per la cottura, e condire a freddo con un filo d’olio a cottura terminata), limitare il consumo di latticini, preferendo quelli freschi e parzialmente scremati, e aumentare il consumo di fibra. Fondamentale è inoltre lo svolgimento di attività fisica aerobica regolare, in grado di aumentare il colesterolo “buono” HDL. Va però tenuto presente che alla base dell’ipercolesterolemia c’è una predisposizione genetica, pertanto il solo cambiamento dell’alimentazione e dello stile di vita spesso non è sufficiente; in questo caso si rende necessario intraprendere anche una terapia farmacologica, in prima battuta con statine e/o ezetimibe.
Smettere di fumare
Fumo e diabete sono una combinazione pericolosa. Il fumo di sigaretta ha effetti deleteri sulla circolazione del sangue, aumentando la coagulazione e favorendo la formazione di placche aterosclerotiche sulla parete dei vasi. Inoltre, i fumatori presentano un profilo lipidico sfavorevole, con aumento del colesterolo totale e riduzione del colesterolo HDL. Pertanto, chi fuma aumenta esponenzialmente il rischio di complicanze legate al diabete, non soltanto infarto miocardico e ictus ischemico, ma anche le complicanze microvascolari come la neuropatia e la nefropatia diabetiche.
Smettere di fumare può essere un processo difficoltoso, perché si crea una vera e propria dipendenza fisica e psicologica. E’ però possibile ricevere un supporto importante presso i centri antifumo, che potranno avvalersi anche di terapie farmacologiche adiuvanti.
Sottoporsi a regolare screening delle complicanze legate al diabete, mantenere un’attenta cura del piede, come indicato nelle apposite sezioni.
Effettuare tutte le vaccinazioni consigliate.
Il diabete mellito, infatti, aumenta la suscettibilità e peggiora il decorso di molte patologie infettive, comprese quelle a carico dell’apparato respiratorio (come polmonite e influenza), con maggiore severità delle complicanze correlate.
Pertanto, è raccomandato effettuare:
✔ La vaccinazione antinfluenzale ogni anno;
✔ La vaccinazione antipneumococcica almeno una volta nella vita negli adulti diabetici; per i soggetti con più di 64 anni d’età che abbiano già effettuato una prima vaccinazione è raccomandata una singola rivaccinazione; in alcuni soggetti particolarmente a rischio il medico potrà suggerire richiami periodici.
E’ inoltre importante effettuare:
✔ La vaccinazione anti-Herpes Zoster;
✔ La vaccinazione anti-meningococcica, in presenza di diabete di tipo 1;
✔ La vaccinazione per difterite-tetano-pertosse, con richiamo decennale.
Guida Pratica: Terapia Insulinica e Monitoraggio Glicemico
Le tipologie di insulina comunemente utilizzate sono:
- Analoghi di insulina ad azione rapida: la loro azione inizia dopo circa 10 minuti dall’iniezione, rimangono in circolo per 3-4 ore, poi il loro effetto si esaurisce; vengono somministrati subito prima dei pasti per coprire i picchi glicemici post-prandiali.
- Analoghi lenti o insulina basale: la loro concentrazione nel sangue è stabile fino a 24 ore, generalmente è sufficiente una sola somministrazione giornaliera sempre alla stessa ora, coprono le fasi inter-prandiali e il digiuno.
Oggi lo strumento di gran lunga più comune per la somministrazione di insulina è la penna, che permette di effettuare più iniezioni sostituendo solamente l’ago.
L’iniezione di insulina va effettuata nel tessuto sottocutaneo, ovvero lo strato che si trova al di sotto della pelle (il cui spessore medio nell’adulto è di circa 2 mm) e al di sopra del muscolo; le iniezioni troppo profonde raggiungono lo strato muscolare e possono essere pericolose, perché l’assorbimento di insulina che ne deriva è imprevedibile e accelerato. Gli aghi per penne della lunghezza di 4 o 5 mm garantiscono la somministrazione sottocutanea di insulina, non richiedono la plica cutanea (tecnica del “pizzicotto”), e sono adeguati anche nel soggetto obeso; gli aghi di lunghezza superiore (≥ 6 mm) sono in genere sconsigliati, e necessitano di plica cutanea per evitare il rischio di iniezione intramuscolare.
L’iniezione di insulina può essere effettuata a livello di:
- addome, ad almeno due cm di distanza dall’ombelico, spostandosi anche nelle fasce laterali;
- parte alta dei glutei;
- fascia esterna delle cosce;
- parte esterna delle braccia.
Si consiglia di evitare l’iniezione di insulina in parti del corpo coinvolte in un esercizio fisico (ad esempio le cosce se si prevede di andare a camminare, oppure le braccia se fanno i lavori domestici), perché la maggiore vascolarizzazione aumenta l’assorbimento rapido di insulina e il rischio di ipoglicemia. Attenzione anche ad utilizzare cosce e braccia in soggetti sottopeso, in cui lo strato adiposo sottocutaneo potrebbe essere troppo sottile e l’iniezione è a rischio di raggiungere il muscolo.
E’ importante variare continuamente il sito di iniezione, aiutandosi eventualmente con apposite griglie di rotazione, per evitare la formazione di lipodistrofie, ovvero aree di tessuto ispessito in gran parte fibroso e male irrorato che si sviluppa nel tempo a seguito di ripetute iniezioni di insulina: se si avvertono al tatto rigonfiamenti o irregolarità della pelle non bisogna iniettare il farmaco in quel punto, perché l’assorbimento è imprevedibile, dando luogo a scarso controllo glicemico e necessità di maggiore quantità di insulina.
Per prevenire la formazione delle lipodistrofie è importante, inoltre, cambiare ago ad ogni iniezione: riutilizzare lo stesso ago più volte porta al suo progressivo danneggiamento, provoca microtraumi alla pelle, oltre a causare maggior dolore e rischio di occlusione dell’ago stesso.
Ecco i semplici passaggi da seguire:
- Lavarsi le mani e controllare che non vi siano lipodistrofie sul sito prescelto, senza bisogno di disinfettarlo.
- Montare un nuovo ago sulla penna, tenendolo perpendicolarmente.
- Rimuovere il cappuccio esterno e quello interno, caricare ed espellere 2 unità di prova, controllando che l’insulina esca correttamente, per accertarsi che tutto funzioni e che l’ago sia montato nel modo giusto.
- Caricare le unità prestabilite, inserire perpendicolarmente tutto l’ago nella cute, mai attraverso gli abiti, e premere il pistone;
- Dopo aver iniettato tutta la dose di insulina, contare fino a 10 prima di rimuovere l’ago dalla cute; non massaggiare il sito di iniezione.
- Riavvitare il cappuccio esterno, rimuovere l’ago dalla penna e smaltirlo in modo appropriato.
L’insulina non va esposta a fonti di calore o al gelo; le penne in uso vanno conservate a temperatura ambiente, in genere per un mese (ma alcune insuline basali come degludec si conservano fuori dal frigo fino a due mesi dopo il primo utilizzo), mentre le penne integre di scorta vanno tenute in frigorifero fino alla data di scadenza.
Per stabilire se il piano terapeutico è adeguato, aggiustare le dosi di insulina, gestire l’esercizio fisico e il regime alimentare è fondamentale l’autocontrollo glicemico. Tradizionalmente l’autocontrollo si effettua su una goccia di sangue periferico del polpastrello delle mani ottenuta tramite un pungidito e posta su uno stick diagnostico, precedentemente inserito in uno strumento chiamato glucometro. I momenti del giorno in cui effettuare i controlli sono prima e due ore dopo l’inizio dei pasti, secondo schemi e frequenza stabiliti con il proprio medico; in aggiunta, è necessario eseguire il test in caso di malessere e sintomatologia suggestiva di ipoglicemia, prima e dopo l’attività fisica, in corso di malattia, prima di mettersi alla guida. Ecco i principali consigli:
- Regolare la profondità di penetrazione della lancetta pungidito sulla base dello spessore della pelle del singolo soggetto, per ottenere una quantità di sangue sufficiente e per ridurre il dolore.
- Prima di effettuare l’esame, lavare le mani con acqua tiepida e sapone ed asciugarle bene.
- Evitare di utilizzare la parte centrale del polpastrello, più ricca di terminazioni nervose e quindi più dolorosa, e preferire la zona laterale vicino alle unghie.
- Utilizzare a rotazione tutte le dita, evitando di pungere lo stesso polpastrello più volte di seguito.
- Sostituire ogni volta la lancetta, in quanto il suo riutilizzo può causare infezioni cutanee e deformarla, aumentando il dolore percepito.
- Se le mani sono fredde la goccia di sangue ottenuta può essere insufficiente, pertanto si consiglia di lavarle prima con acqua calda o massaggiarle, per aumentare la vascolarizzazione.
- Trascrivere il valore riscontrato sul proprio diario glicemico.
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Bibliografia
Standard italiani per la cura del diabete mellito 2018, a cura dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID).
2019 ESC/EAS Guidelines for the management of dyslipidaemias: lipid modification to reduce cardiovascular risk. The Task Force for the management of dyslipidaemias of the European Society of Cardiology (ESC) and European Atherosclerosis Society (EAS).
Consensus Statement Intersocietaria: Vaccinazioni Raccomandate Nel Paziente Diabetico Adulto a cura di Associazione Medici Diabetologi (AMD),Federazione Italiana Medici Medicina Generale (FIMMG)Società Italiana di Diabetologia (SID), Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie (SIMG),Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI).
A cura della Dott.ssa Silvia Minardi